. Teatro d'imprese . bella a mio giudicio, e modella ; e le bene ha vn poco dofouro, non èfé non degna, eifendo Plinio, che di vn talpefce fcriue autore famofò, Z&gfefaenellemani dei più. ; COPPA DA TARSIE RE, VE NT OS Ai Cornetto, Coppetta. Iede la natura lherbe, e le piante non fòlopercibo^èmedicina de gli animali, ma degli huomini ancora; liquali non contenti di quelle trouarono medicamenti^loromodo, emifehiando lvne con laltre con ladifu-guaglianza delle virtù ridotta à milùra di ragione, e nondinfermità, ò di làluezza, danno fòuente in vece di fata-tela morte à glinfermi. Et in quella gui


. Teatro d'imprese . bella a mio giudicio, e modella ; e le bene ha vn poco dofouro, non èfé non degna, eifendo Plinio, che di vn talpefce fcriue autore famofò, Z&gfefaenellemani dei più. ; COPPA DA TARSIE RE, VE NT OS Ai Cornetto, Coppetta. Iede la natura lherbe, e le piante non fòlopercibo^èmedicina de gli animali, ma degli huomini ancora; liquali non contenti di quelle trouarono medicamenti^loromodo, emifehiando lvne con laltre con ladifu-guaglianza delle virtù ridotta à milùra di ragione, e nondinfermità, ò di làluezza, danno fòuente in vece di fata-tela morte à glinfermi. Et in quella guifà, chela varietà de*cibi ca-giona bene fpeffò la febre, coli la moltitudine derimedij, e delle vir-tù vnite infieme dà alle volte à chi le piglia il fine della febre per tèm-pre. Efèalcune volte non dannoiMedici morte,inuentano almenomeziopportuni perciò fare,crudeli,e barbari, col troncare horalevparti del corpo, hora col trar fuori il {àngue,in cui rifiede purelavi-Parte Seconda. Q^ % W. 244 Teatro dImpre fé Q *P liuti* taiioftrajcqucftahanno perJapiù piaceuole maniera di crudeltà, chev/àreeflì poflàrto : Nèci è legge, che errando lignoranza loro puni-ca, e che gli errori caftighi. Imparano àcofto noftro, e confermanocon laltrui morre le loro esperienze, yccidono fènza pena,& effen-do de i loro ammazzamenti lodati, fi viene laltrui intemperanza, e fò-uerchio affetto di fènfò ad incolpare anco ne* continenti: Età loro ilrutto fi crede i& tatto che della loro ignoranza, e mancamento mag-giore danno di quello, chenoi facciamo, fèntire, e proùar non pollia-mo 5 niente di mena à noi parecaminare, vedere, intendere, e viucre>»per opera loro, come che per opera loro gli più ne muoiano. Perche^dunque troppo era pietofà la lancinola à ferire con vn fol tagli©, inuen-tò forte loro ftrumenro, che con più tagli,con più ferite ne rraheflè fuo-ri à viua forza, e con aiuto anche di fuoco dal corpo, e dalie vene il fan-gue. E cofi noi ve


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