Le chroniche di Giovanni Sercambi, Lucchese . a Porrina,e quella ne mandò im Piamente. 246 PARTE PRIMA DELLE CRONICHE Vedendosi messer Bernabò esser privato di madonna Porri-na, subito di malanconia amalo, e chi vuol dire che bevesse. Orchome la cosa fusse, lui amalato, doppo molto piangere e lamen-tarsi cadde in malatia, della quale in picciolo tempo morio cho- 50me udirete. E mentre eh era in tal malatia mandò a chiederpiù gratie al conte. E prima, che li piacesse che il suo corpofusse in Milano in nella chieza di santo lohanni u è la sua se-poltura. Apresso, che potesse giudichare di donar
Le chroniche di Giovanni Sercambi, Lucchese . a Porrina,e quella ne mandò im Piamente. 246 PARTE PRIMA DELLE CRONICHE Vedendosi messer Bernabò esser privato di madonna Porri-na, subito di malanconia amalo, e chi vuol dire che bevesse. Orchome la cosa fusse, lui amalato, doppo molto piangere e lamen-tarsi cadde in malatia, della quale in picciolo tempo morio cho- 50me udirete. E mentre eh era in tal malatia mandò a chiederpiù gratie al conte. E prima, che li piacesse che il suo corpofusse in Milano in nella chieza di santo lohanni u è la sua se-poltura. Apresso, che potesse giudichare di donar quello , che i figluoli siano, dipo la morte del dicto conte, lassati 5 5signori di Lumbardia ; e in spetialità li racomaudava messer Ma-stino suo figluolo minore. Alle quali domande il dicto conte con-cedeo tute in parole, in ne facti non. E venuto il tempo, quan-do sarà venuto, si potrà dire in facti. CCXCVIL Come messer Bernabò è morto e portato A SOPELLIRE. E preso il corpodi Christoe sagramenti disanta Chieza e fa-. 5 cto testamento eracomandatosi ae. 113 A Dio, il dicto mes-ser Bernabò mo-rio. La chui anima, se li è piacere di Dio, in cielo sia. Morto il dicto messer Bernabò, lo conte fecie quello sopellire iohonorivilemente come a gran signore si convenìa, la qual sepol-tura e pianto qui non descrivo. Ma tornerò a dire, a te conte di Virtù, chome poteo il chuortuo sostenere che il dicto messer Bernabò coi modi dicti faces-si pigiare lui e figluoli e quelli vilemente facessi morire; e, quel- 15li che avere non potesti, chacciasti via? E ben sapei che il dictomesser Bernabò era tuo zio, tuo socioro e i tuoi figluoli suoinipoti, e i suoi tuoi fratelh primi chuzini. Certo ben fusti cru-do. E »on pensi tu che di tal fallo Dio non ti paghi? Certo, dei comsiderare che Dio tucto vede, e a lui n^uno può conta- 20 DI GIOVANNI SERCAMBI 247 stare. E se tu se stato crudele delle tuoi carni, chome sarai pie-toso deir altrui? Certo male. E come ài dimos
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